venerdì 20 gennaio 2012

Triumph of the Death, Pieter Bruegel il Vecchio, 1562


Olio Su tela, 117x162cm, Madrid, Museo del Prado
Il dipinto di Pieter Bruegel Il trionfo della morte (1562) è senza dubbio il più ricco di particolari tra i suoi quadri a figura piccola.
La scelta del soggetto de Il trionfo, un paesaggio spettrale, tra la moltitudine di figure in lotta tra loro  impugnando una falce, moltiplicata all’infinito, quasi toccasse uno scheletro ad ogni uomo presente, si riallaccia alla tradizione della “Danza macabra”: un allegoria figurale, presente in tutta Europa a partire dal Trecento, in cui la morte pare intraprendere una vera e propria danza con le malcapitate vittime Il motivo, letterario e iconografico, della Danza macabra, tema franco-germanico, subisce un mutamento importante grazie alla contaminazione con il tema tutto italiano del “Trionfo della morte”,
 uomini o scheletri che siano  in modo volutamente confuso e ammassato, dove la morte scheletrica cavalca un ronzino pelle e ossa, 
tema da cui lo stesso dipinto di Bruegel prende il nome.
 Questa morte scheletrica diviene ben presto cavaliere di un consunto ronzino, munita di falce (Italia) o di arco e dardi (Francia e Germania).
Le rappresentazioni pittoriche del Trionfo della morte di Pisa, o di Palazzo Sclafani a Palermo, erano forse note a Bruegel, che era stato in Italia dieci anni prima della realizzazione del suo Trionfo.
Bruegel appare quindi non recepire le prime istanze pittoriche volte all’individuo, tipiche degli altri artisti fiamminghi, si muove ancora in una dimensione collettiva, che gli orrori dell’epoca sembravano quasi sottolineare.
Proprio nella percezione così dolorosa e delirante degli avvenimenti che accomunano sta la forza evocatrice selvaggia de il trionfo della morte.

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