mercoledì 27 giugno 2012

L'incredulità di San Tommaso. Michelangelo Merisi da Caravaggio, 1601

Incredulità di san Tommaso è un dipinto ad olio su tela di 107×146cm realizzato tra il 1600 ed il 1601.
È conservato nella Sanssouci-Bildergalerie, Potsdam
Il dipinto raffigura l'apostolo Tommaso mentre infila un dito nella ferita del costato di Gesù,
con altri due apostoli che osservano la scena. Le figure sono disposte in maniera tale da formare una elementare croce, o una spirale, con le tre teste degli apostoli perfettamente incastrate l'una con l'altra.
La luce proviene solo da sinistra e illumina le fronti corrugate dei tre uomini che osservano con attenzione, con scopo di verifica, la ferita e il dito di Tommaso che la esplora. L'estremo realismo della scena difatti scandalizzò non poco il committente, il Marchese Vincenzo Giustiniani.

martedì 19 giugno 2012

Il Carnevale di Arlecchino, Joan Mirò, 1925


Oil on Canvas, 66x90,5, Albright-Knox Art Gallery, Buffalo , USA

Mirò Compose questo quadro prima che Breton scrisse il "manifesto surrealista",
ma applica già la tecnica surrealista dell'automatismo psichico, che prevede di mettere a dura prova il corpo per permettere all'immaginazione di perdersi in visioni fantastiche e surreali.
Lo scopo dell'artista in questo quadro è proprio rappresentare una delle sue visioni.
Si riconosce qualche elemento della realtà (un gatto, un tavolo, un pesce, una scala).
Dalla finestra un triangolo nero che emerge simboleggia la Torre Eiffel;
un cerchio verde trafitto da una freccia sottile, posto su un tavolo, sta a indicare un mappamondo,
ma questi non sono altro che elementi della realtà che si trasformano dando origine alla visione.
Tutti gli oggetti sono fluttuanti, quasi come se fossero inventati.
Popolano questo ampio spazio come se fossero fantasmi.
L'autore non rappresenta più, come nel precedente "la Fattoria" del 1921, (vedere post precedente)
 la realtà visibile, ma quella del suo inconscio.
Compare ancora una volta la scala a pioli, ricorrente nelle opere di Mirò.
La scala rappresenta un trampolino di lancio che parte dalla realtà e va oltre: è la fantasia, il surreale.

sabato 16 giugno 2012

La fattoria, Joan Mirò, 1921


La fattoria è un dipinto ad olio su tela eseguito tra il 1921 ed il 1922 e misura 123.8x141.3cm
è conservato alla National Gallery of Art di Whashington, ricevuto in donazione da
Mary Welsh Hemingway, L'opera è nota anche con il titolo Montroig: la fattoria.
Risale al periodo giovanile dell'artista ed il soggetto pittorico si basa sui propri ricordi dell'infanzia:
il luogo rappresentato è, infatti, la fattoria di famiglia a Mont-Roig del Camp in Catalogna.
Nel quadro, dipinto a Parigi, non si riscontrano ancora i segni del surrealismo e dell'astrattismo che caratterizzeranno l'opera successiva di Mirò: c'è, al contrario, una spinta verso la descrizione realistica e minuziosa, tratteggiata in stile naif.
Il rapporto tra gli elementi figurativi è scandito dalla presenza, al centro della tela, dell'albero di eucalipto, che divide la stalla dall'aia. La prospettiva non viene rispettata matematicamente: mentre l'interno del fienile è visto dal basso, l'aiuola è ripresa dall'alto. Tra i minuziosi dettagli si possono notare una chiocciola nel terreno, la grezza copertura delle mura della stalla, una donna in lontananza che lava i panni e vari attrezzi di lavoro ed animali.

martedì 12 giugno 2012

lunedì 4 giugno 2012

L'incubo, Johann Heinrich Fussli, 1791


Oil on canvas, 75,5x64cm, Goethe Museum, Franfurth am Main

L'incubo è un olio su tela realizzato nel 1781 da Johann Heinrich Füssli. L'artista ha realizzato diverse versioni di quest'opera, la tela mostra un'immagine ipnagogica.
L'opera ben rappresenta la dimensione onirica, sconosciuta e misteriosa all'epoca e che sarà studiata e teorizzata tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, soprattutto con gli studi compiuti da Freud sull'interpretazione dei sogni. È rappresentato un ambiente interno borghese contemporaneo al pittore, in cui il primo piano rappresenta la dimensione del presente e perciò della realtà, ed è investito dalla luce. Lo spazio è intimo e privato: la camera da letto di una giovane fanciulla dormiente. Tuttavia la sua posizione è visibilmente innaturale e scomposta a causa del suo travaglio interiore; il volto appare sofferente, le braccia e la testa abbandonate alla forza di gravità, la carnagione è pallida, quasi la ragazza fosse morta. In secondo piano, a destra, una toilette raffinata con un centrino di pizzo, un'anfora di cristallo, un porta profumi e un portagioie. Importante è l'elemento dello specchio: esso riflette solamente le immagini reali; le immagini prodotte dall'incubo tuttavia si materializzano in due creature dotate di reale concretezza. La prima è ibrida e grottesca e assume vero peso fisico, facendo pressione e comprimendo il torace della fanciulla; il suo ghigno, le orecchie appuntite, la gobba e la folta peluria lo accomunano ai goblin e alle misteriose creature delle tradizioni nordiche e ai gargoyles delle cattedrali gotiche.
La cortina densa e impenetrabile del piano di fondo nero (che rappresenta l'oscurità psicologica sconosciuta, e qui Fussli si riallaccia al tema romantico del sublime) si spalanca per far emergere una giumenta spettrale che avanza prorompente, con occhi bianchi ciechi e fosforescenti, le narici frementi e una criniera sfumata, evanescente. Fussli si interessò alle tradizioni popolari e fu influenzato dalla leggenda inglese della nightmare (in italiano "incubo" appunto, ossia il "demone della notte"[1]) secondo cui un mostriciattolo cavalcava una giumenta di notte per disturbare il sonno delle giovani ragazze.
Lo schema della composizione è piramidale, il cui vertice è rappresentato dall'incontro delle "tende oscure" al di sopra del cavallo, accompagnato da un gioco di curve che si corrispondono: alla gobba del mostro, al braccio della ragazza e al collo della giumenta si contrappongono le gambe della fanciulla, creando un effetto di dinamismo. Le figure emanano una luce che non è naturale, e che può addirittura tingersi di azzurro (il lembo inferiore del lenzuolo).
L'opera è stata interpretata in vari modi, tra cui è interessante ricordare quella in chiave psico-analitica, secondo cui i mostri fuoriusciti dall'incubo rappresenterebbero la forza e l'impeto di Fussli che reagisce ad un amore non corrisposto. L'opera ha ispirato Stanley Kubrick per alcune scene del film Barry Lyndon del 1975, Ken Russell per "Gothic" (1986) e Eric Rohmer in "La Marchesa Von O..." del 1976.